Come nasce la pesca all’inglese

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Vorrei iniziare questo primo articolo di una lunga serie (già apparsa sui social network attraverso il gruppo Facebook dedicato alla pesca dei Gobbi Rivoluzionari) col raccontarvi come e perché gli inglesi hanno sentito il bisogno di sviluppare tale tecnica tutt’altro che di difficile apprendimento ed estremamente versatile e adattabile a quasi tutti gli ambienti di pesca.

Chi ha avuto il piacere di visitare le terre di Albione avrà notato sicuramente la perpetua instabilità del clima e del tempo, questo fattore è quello che più ha inciso sulla necessità di creare una nuova tecnica che si adattasse alle variazioni climatiche quanto alla tipologia di spot molto particolari.

Molti di voi sapranno che la campagna inglese seppur gradevole e amena risulta scarsa di boschi ad eccetto di alcune zone, e che è caratterizzata da immense distese di erba percorsa costantemente dal vento e da scrosci improvvisi di pioggia intervallata tra una collina e l’altra da specchi d’acqua dalla profondità media di 2,5 m. ma sufficientemente estesi per favorire il proliferare di molte specie ittiche. Alcune di queste sconosciute in Italia fino ad una quindicina di anni fa. Prima su tutte la Breême o abramide (da noi dette Breme).

Analizziamo ora tutti gli elementi a nostra disposizione:

  • Vento
  • Pioggia
  • Scarsa presenza di alberi
  • Scarsa profondità degli spot
  • Ampiezza considerevole degli stessi

Quindi come insidiare un pesce sospettoso posizionato distante da riva a causa del continuo increspare del vento sulla superficie dell’acqua, dalla proiezione di ombre dalla riva sotto i fastidi procurati dalla pioggia?

Semplice si inventano canna filo galleggiante appositamente castomizzati per ovviare a questi problemi. Stiamo comunque parlando di un popolo molto inventivo e conosciuto per la sua originalità al punto tale che in Inghilterra si chiedono ancora oggi perché tutto il mondo si ostini a guidare nel senso sbagliato di marcia.

Il pesce di sua maestà non è diverso dal nostro eccezion fatta per la sua vitalità ridotta a causa della temperatura dell’acqua qualche grado più fredda della nostra. Questo implica un notevole e continuo lavoro di invito all’abboccata in modo da stimolarlo e una pasturazione precisa ma non abbondante, quanto basta per tenerne accesi gli appetiti.

Considerando le caratteristiche dei laghi, la scarsa profondità e la continua azione di disturbo del vento, tengono il pesce a distanze di sicurezza dalla riva, fonte di pericolo. Quindi la ricerca si sposta a distanze comprese tra i 40 e gli 80 metri.

Come portare a tali distanze la nostra insidia? Ovviamente per compiere tale scopo serve una canna da pesca che in Inghilterra chiamano Match Rod!

Solitamente composta da tre pezzi, manico, centrale e cimino e sono di tre sole lunghezze 3,60 m (12 piedi) 3,90 m (13 piedi) 4,20 m (14 piedi). Solo nella seconda metà degli anni 90 si sono prodotte canna di lunghezza pari a 4, 50 m per esigenze agonistiche.

La misura che io consiglio per iniziare è la 3,90 m oppure in alternativa la 4,20 Lunghezze di facile gestione. Le caratteristiche salienti di queste canne sono un numero superiore di anelli guida lenza anche 18 su una canna da 4,20 caratterizzati da un piede a fusto lungo circa 1/3 in più rispetto ad una normale italica canna da pesca. La ragione della folta schiera di anelli è quella di accorciare la distanza tra loro per evitare che il monofilo sborsi a causa dell’azione del vento afflosciandosi e facendo ritardare la ferrata quel millesimo di secondo sufficiente a far perdere il pesce. Molti storceranno il naso ma ricordate che un conto è ferrare sotto riva un altro a 80 m.

La maggiorazione del gambo invece serve per tenere il filo distante dal fusto della canna per evitare che con la pioggia venga continuamente ad attaccarsi e intaccandosi oltre che rendere difficoltoso il lancio. Di seguito una immagine riguardante il dettaglio degli annelli delle match roaddetti a ponte doppio, nulla di nuovo tutto materiale disponibile in rete:

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Vorrei anche sottolineare il fatto che do per scontato che quei pochi che avranno la bontà di seguire questa mia rubrica siano pescatori non dico esperti ma in grado di leggere le indicazioni riportate sulla match rod soprattutto i pesi che può supportare durante il lancio.

Un piccolo consiglio che mi sento di dare in anticipo sui tempi di redattura della rubrica è di utilizzare sempre, nel momento in cui si intraprende un azione di pesca, un waggler (il particolare gallegiante usato in questa tecnica) di peso sempre leggermente più basso del massimale della match rod! Questa precauzione serve per non snervare anzitempo il carbonio alto modulo con cui sono costruite le canne da pesca all’inglese e altresì nel contempo di evitare vere e proprie rotture in caso di defaiance durante le fasi del lancio, che credetemi capitano spesso nelle giornate in cui si stressano le attrezzature per azioni di pesca repentine o per le innumerevoli catture o ancora per condizioni climatiche ostiche e ambienti circostanti pervasi da ciarpame e alberi.

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