Torniamo a parlare dei Predoni del Po, questa volta a parlare sono le guardie che si sentono prese in giro:
Noi sequestriamo, loro ricomprano gli attrezzi e ricominciano
Sembra quindi che il mero sequestro dell’attrezzatura e le contravvenzioni non siano sufficenti a persuadere queste persone dal continuare a depredare i nostri fiumi. Si perchè il problema non è relativo al solo fiume Po, i pescatori di frodo sono dappertutto, anche sull’Adda. Si muovono prevalentemente di notte e sono dei professionisti: hanno tende, barche potenti e camion frigoriferi. Pescano di tutto e rivendono al mercato nero.
E quando vengono pizzicati dalle guardie? Una perdita di tempo: gli sequestrano l’attrezzatura e via, li lasciano andare. Vuoi perché c’è una vigilanza senza mezzi, vuoi perché ci sarebbe una sorta di tacito accordo tra le guardie:
Meglio non fermare i romeni
Gli chiedi i documenti e non li hanno. La licenza di pesca, nemmeno. Allora devi chiamare i carabinieri che in genere hanno cose più importanti da fare. Comunque devono raggiungere il posto dove i romeni hanno pescato di frodo e non è mai dietro l’angolo. Quindi bisogna andare in caserma dove vengono identificati, verbalizzati. Insomma si perde un giorno. E quando finiscono davanti al giudice, tornano liberi.
Queste le parole con cui una guardia, che vuole restare anonima si è espressa, gi fa eco Massimo Marracci, funzionario dei servizi faunistici della Provincia, spiega che la polizia provinciale è attiva su questo fronte, così come le guardie ittiche:
Solo che purtroppo, trattandosi di pesca, quasi sempre gli illeciti sono amministrativi: una multa e se la cavano perché non avendo documenti né domicilio non è possibile nemmeno recapitare la sanzione.
Sembra una barzelletta, ma è proprio così. Vengono sequestrati le reti e gli strumenti illeciti che però vengono rimpiazzate in breve. Inoltre, sempre più spesso, ci sono minacce contro gli agenti che possono scoraggiare dall’intervenire.
La situazione è quindi ben più complessa di quanto appaia, anche perché poi i pescatori di frodo macellano e rivendono il pesce senza alcuna precauzione o controllo igienico-sanitario, con gli ovvii rischi per il consumatore: e forse potrebbe essere questa la chiave di volta per interventi repressivi più pesanti
L’emergenza ambientale della pesca di frodo
A differenza del bracconaggio venatorio, che è in progressivo declino, la pesca di frodo rappresenta una emergenza ambientale in crescita.
Pieralessandro Scotti, commissario capo, responsabile del servizio coordinamento operativo della polizia provinciale spiega:
È praticato prevalentemente da immigrati e oltre a destare allarme nei pescatori, preoccupa per l’occupazione delle sponde di tratti fluviali, con l’edificazione di ricoveri di fortuna e di bivacchi che deturpano il paesaggio.
Nell’ambito delle proprie competenze, la polizia provinciale ha incrementato il pattugliamento, in collaborazione e sinergia con la Fipsas, con le Gev provinciali e dei parchi e, per l’asta dell’Adda, con la polizia provinciale di Bergamo.
Per esempio citiamo i controlli congiunti del 15 maggio che hanno interessato tutte le principali aste fluviali e diversi corsi d’acqua minori; nonché i controlli mirati sull’Adda, dell’estate scorsa, che hanno “pizzicato” due pescatori romeni. Solo sanzioni amministrative modeste che rendono insignificanti i risultati raggiunti con grande dispendio di energia e ore di appostamento serali e notturne