Il blog della pesca

L’alto mare Adriatico è minacciato da pirati e inquinamento

Che l’Alto Adriatico stia morendo per l’inquinamento e la pesca intensiva non è una novità. Ma c’è chi, nonostante tutto, continua a fare affari: sono i pescatori di frodo dei molluschi della laguna di Venezia. Belli a vedersi, ma altamente inquinati.

Infatti i molluschi pescati nella laguna di Venezia sono ad altissimo rischio: all’interno sono state riscontrate alte percentuali di mercurio, arsenico, piombo e idrocarburi crorurati.

Stefano Raccanelli, fino a pochi mesi fa direttore dell’Inca (il Consorzio Interuniversitario nazionale “La Chimica per l’ambiente”) dice:

I veneziani che mangiano pesce e mitili di laguna almeno tre volte alla settimana hanno nel sangue gli stessi tassi di diossina degli abitanti di Taranto

Ci sono poi i danni arrecati all’ambiente perché le attrezzature impiegate per la raccolta da un lato rovinano in modo pesante il delicato ecosistema dei fondali, e dall’altro provocano la dispersione degli inquinanti in altre aree della laguna.

Le draghe utilizzate per la raccolta dei molluschi funzionano come un phon alla rovescia: soffiano aria sul fondale marino in modo da far alzare i mitili posati sul fondo che vengono poi risucchiati sulla barca.

Pirati a pesca in zone estremamente inquinate dell’Alto Adriatico

Una calata ogni 250-300 metri, lungo i canali di Fusina o di Marghera, vietatissimi perché altamente inquinati, ma un habitat ideale per vongole veraci per la temperatura mite delle acque.

In una notte i pirati riescono a pescare fino a due tonnellate di “caparozzoli”, dagli otto ai dieci mila euro ai prezzi del mercato all’ingrosso. Secondo gli ultimi dati la pesca illegale frutta ai “pirati” moltissimo, più del traffico di stupefacenti grazie ai pochi passaggi di intermediazione.

La pesca di frodo negli ultimi anni è in aumento costante. Secondo l’ultimo rapporto di Legambiente Mare Monstrum nel 2012 sono state accertate 5360 violazioni alla normativa sulla pesca, con 5521 persone denunciate o arrestate e 1074 sequestri, con 5 tonnellate e mezza di pesci sequestrati. Un’attività più diffusa nei mari del Sud dell’Italia, ma anche l’Alto Adriatico si difende bene, e concentra in pochi chilometri di costa il 10% sul totale di pesca illegale.

Sono scomparse diverse specie tipiche, come il pesce angelo, lo squalo manzo, alcuni tipi di razza (la bianca, la bavosa), lo storione, la cernia bruna; rombi, palombi e passere hanno subito uno spaventoso ridimensionamento, sono arrivate altre specie, come le lampughe e i pesci balestra, tipici di acqua più calde se non addirittura tropicali. Se la tendenza rimane la stessa tra pochi decenni in Alto Adriatico spariranno anche le sardine.

Nel maggio scorso, dopo due anni di indagini, l’operazione Laguna Reset della Guardia di finanza ha permesso di individuare una organizzazione che commercializzava illecitamente in tutta Italia ed anche all’estero tonnellate di vongole pescate abusivamente nella laguna di Venezia.

Sono state eseguite 40 ordinanze di misure cautelari (di cui 24 arresti) e 55 perquisizioni tra Veneto, Lazio, Campania, Sicilia ed Emilia Romagna.

Sono state sequestrate tre ditte operanti come centri di spedizione e depurazione di molluschi, 16 imbarcazioni da pesca e diverse tonnellate di molluschi non tracciati.

Il sistema era complesso: l’organizzazione agiva con vedette in laguna per segnalare l’eventuale arrivo della polizia, e il pescato veniva “ripulito” con bolle false da ditte che operavano come centri di distribuzione. I pirati dell’Adriatico si sono evoluti, organizzati, strutturati dietro facciate legali. E non conoscono crisi.

Fonte:

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