Benvenuti alla seconda parte della mia prima esilarante avventura con la mosca. Potete trovare la prima parte qui.
Non mi persi d’animo, e dopo aver legato un’altra mosca, ricominciai con i lanci. L’obbiettivo che cercavo di raggiungere era quello di riuscire a stendere il terminale durante la posa in acqua. Nonostante sembrassi in preda a uno spasmo nei lanci corti riuscivo nell’obbiettivo, ma i lanci lunghi… lasciamo perdere.
Dopo una decina di minuti ormai cominiciavo a sentire dolore alla spalla, stavo iniziando a pensare di fermarmi per riposare quando mi accorsi che attaccato al mio terminare non c’era più alcuna mosca. Il ramo aveva colpito ancora.
Presi così la decisione di spostarmi con una barchetta in centro lago per allontanarmi dal ramo malefico.
Arrivato in centro lago ricominciai coi lanci, ma prima, cellulare alla mano, cercai consigli in un libro che avevo trovato in pdf tempo prima, “La pesca con la mosca – teorie, trucchi e suggerimenti” di Roberto Daveri
Colto il coglibile dalle immagini e dalle parole del libro partii nuovamente coi lanci, galvanizzato dagli ottimi consigli sui primi movimenti.
Mentre pescavo mi si avvicinò un vecchietto sulla barchetta, chiedendomi se con la mosca si riusciva a prendere qualcosa.
Alla mia risposta negativa, tutto entusiasta, sollevò dal fondo della barca due belle trote intorno ai due kg e la sua canna con la bombarda.
“Le trote sono sul fondo oggi” – sentenziò con un sorriso beffardo.
Guardai la mia mosca che galleggiava sul pelo dell’acqua e poi mi rivolsi al vecchio – “Sono qui per allenarmi coi lanci, non per pescare”
Sorrise e se ne andò. Gli mandai le peggio maledizioni che mi venivano in mente e ricominciai a pescare. O meglio, a lanciare. L’obbiettivo sempre lo stesso.
Dopo alcuni lanci notai che la mosca si stava sfaldando. Riprendendo il libro capii uno dei motivi fondamentali del perchè, nella pesca a mosca, si fa volteggiare il filo a quel modo. Per asciugare la mosca ed evitare una fine del genere.
Intanto un’altra mosca se ne era andata. Feci in tempo a perderne ancora un’altra prima che l’amico Lino arrivò al lago per guardare divertito cosa stavo combinando.
Lo raggiunsi sulla sponda per mostrargli fieramente cosa riuscivo fare con i miei primi lanci. Sfiga volle che con il primo lancio il ramo malefico colpì subito.
Altra mosca che cadde in acqua sotto il mio sguardo depresso e sotto le risate di Lino.
Decisi che la prima giornata di mosca poteva ritenersi conclusa, soprattutto perchè la spalla mi faceva davvero male e ormai il tramonto non lasciava più troppe speranze sui pochi lanci ancora disponibili.